L’interno è impostato seguendo la pianta a croce latina: l’altare maggiore è addossato alla parete di fondo, così come i due laterali nei bracci orientati come questo.
E’ del 1647 la datazione dell’altare laterale della Purificazione di Maria Vergine da parte del Conte Giovan Domenico Falcombelli dove “trovasi altresì una eccellente tavola di Maria Vergine con il bambino in braccio, di Gio. Franc. Barbieri detto il Guercino di Cento”, commissionato dal conte allo stesso (rif. Caffaro).
Nel 1836 il conte Maffei di Boglio, personaggio fra i più autorevoli della corte di Carlo Alberto, ereditato il patrocinio dell’altare, molto discutibilmente fa rimuovere la pala del Guercino per farne dono alla Galleria Sabauda. Probabilmente non si procedette subito alla reintegrazione della pala rimossa con “tanto zelo”; la bella copia dell’originale, forse del 1850 (cfr. Ciliento), venne dipinta dal milanese Eugenio Buccinelli.
L’altare maggiore, così come quello della Purificazione, erano a carico del ricordato Falcombelli, che commissionò al Guercino nel 1666 la tela con la “Trinità terrestre”.
L’altro altare porta l’icona di “S. Ignazio” del Sacchetti commissionata dai Cardonati.
La chiesa, così come il collegio, continua a funzionare anche dopo l’annessione del Piemonte alla stato sabaudo divenendo pubblica dopo la soppressione dei Gesuiti.
Sul suo utilizzo, sulla destinazione dei suoi arredi e dei beni dei Gesuiti, ma soprattutto per il prosieguo dei suoi sacri uffici, all’indomani della soppressione dell’Ordine, sorge una controversia tra vescovo e canonici sanata nel 1852 con la stipulazione di una transazione tra Capitolo e la Veneranda Congregazione di Carità, di cui i vescovi erano presidenti di fatto.
In un documento del 1782 (16 maggio) si parla di erigere in parrocchia la chiesa togliendola da quella di S. Domenico, dotandola di congrua propria. Si parla addirittura di “ingrandimento” (…) “essendo una delle chiese più frequentate in città …”.
Con decreto 1° gennaio 1838 il vescovo Charvaz concede i diritti parrocchiali (interni). Interessanti e pignoli, ma talora lacunosi ed imprecisi, sono i resoconti di alcuni inventari a riguardo delle tele ricordate.